Dalla prima crisi petrolifera degli anni 70′, il focus delle case costruttrici e degli utenti si è spostato dalle prestazioni assolute al risparmio energetico.
La competizione, che sino ad allora verteva su potenza e velocità si è sviluppata con l’obiettivo del miglior sfruttamento energetico possibile.
Motori più sobri, elogio delle iniezioni e lo sviluppo della forma delle camere di combustione verso un disegno ottimale. Miglioramento dell’aerodinamica, riduzione dei pesi, inserimento di una marcia “di riposo”, ottimizzazione dei complessivi, ricerca sui carburanti alternativi.
Tra le strade battutte, anche quella di insegnare una corretta condotta di guida orientata verso la preservazione della riserva energetica. Ma per cogliere a pieno l’importanza di una condotta sobria e attenta, bisogna tornare a quando le aziende di trasporti avevano autisti che “arrotondavano” lo stipendio portandosi a casa un po’ di carburante aziendale e per questa operazione, le vecchie volpi, avevano imparato a risparmiare sul consumo dichiarato dal costruttore del mezzo per intascarsi un “tesoretto”, che per poco che potesse essere faceva cifra su 600/1000 litri di rifornimento alla volta.
Innanzitutto comincio da una piccola regressione.
Ci sono 4 direttrici di risparmio attorno ad un veicolo.
- Il puro e semplice risparmio di carburante.
- Il risparmio di spesa viva.
- Il risparmio di usura.
- Il risparmio di tempo.
Per il risparmio di tempo la soluzione è facilmente intuibile: la via più breve e che ci permette la media più alta diventa immediatamente la più consona ai nostri fini (salvo imprevisti). Tuttavia potrebbe costarci di più in carburante, in usura e/o prevedere tratti a pedaggio.
Volendo risparmiare in usura punteremo ad una strada breve (meno tempo di funzionamento e meno chilometri a carico dei pneumatici), a ridotto numero di curve (dove pneumatici e organi di sterzo sono messi alla prova) e limitando il più possibile, compatibilmente dalle condizioni del traffico, le occasioni di utilizzo dei freni.
Per quanto riguarda il risparmio sulla spesa viva, cioè quanto abbiamo nel porttafoglio, al di là delle spese dilazionate nel tempo, come carburante e parti di usura (gomme, freni, olio…) si tratta infondo, di percorre un tratto di strada privo di pedaggi e gabelle anche se questo va a ledere la riserva di credito data dagli altri elementi.
E arriviamo al risparmio di carburante.
Lasciando sott’intesa una corretta manutenzione, di cui si può trovare documentazione esaustiva sul mio “Manuale di manutenzione meccanica ordinaria” (scusate se mi faccio pubblicità ma almeno in casa mia vorrei che mi fosse concesso), vediamo con quali accorgimenti di condotta del veicolo possiamo variare questo parametro.
Bisogna innanzitutto capire che un motore consuma energia in modo proporzionale alla richiesta di potenza. Se ad un motore richiediamo 100 cavalli consumerà meno che chiedendone 150. E’ vero che se i cavalli ci sono è difficile tenerli in scuderia, ma ovviamente una minor richiesta si traduce in una minor spesa.
1) L’acceleratore
Al di là delle recenti applicazioni dell’elettronica, dove con l’acceleratore si può solo andare più piano (ma non è detto che si risparmi veramente), nei vecchi motori a benzina e nei Diesel a iniezione meccanica il miglior rendimento si ottiene accelerando gradatamente e con dolcezza (il famoso uovo sotto il piede). L’obiettivo è quello di dare al motore appena un piccolo livello in più di potenza di quanta ne serve per farlo viaggiare a velocità costante nelle medesime condizioni.
Se, ad esempio, stiamo viaggiando a velocità costante a 2000 giri minuto, per aumentarla in modo ”sobrio”, basterà variare leggermente il carico sull’acceleratore in modo da “sentire” una lieve spinta di accelerazione. Per comprendere meglio la delicatezza del movimento è preferibile appoggiare il fianco del piede contro il tunnel centrale e ruotarlo invece di premere con la pianta.
Un orecchio attento sentirà che il suono è lievemente più cupo che a velocità a marcia costante e con le forze di potenza che muovono il mezzo, bilanciate con le forze resistenti che ne contrastano l’avanzamento, anche il mantenere la frequenza del suono costante è un indicatore del grado di progressione dell’accelerata.
Giunti ad una velocità prossima a quella più consona alle nostre esigenze fermiamo il movimento del piede; il motore salirà ancora un po’ di giri sino a bilnaciare le varie forze e il tutto con il minimo spreco di carburante.
Una eccessiva accelerata nei motori a benzina darà una miscela mal carburata, che bruciando in condizioni non ottimali andrà sprecata senza generare potenza (il rumore cupo accompagnato da una lenta ripresa) e nei motori Diesel la classica “fumata nera” dovuta all’eccesso di gasolio in camera di combustione.
Ovviamente, là dove l’elettronica controlla l’apertura della farfalla (o l’iniezione di gasolio), sarà la centralina a determinare tutti i parametri e non sarà possibile per l’operatore intervenire più di tanto.
Programmando la marcia evitando di farci cogliere impreparati da una frenata improvvisa (in frenata va perduta tutta l’energia utilizzata per portare il veicolo in velocità) e ad un moderato numero di giri minuto, in modo da mantenere attivo il motore con la marcia più alta inserita, avremo la certezza di un viaggio sobrio ed ecologico.
Il miglior compromesso tra consumi e prestazioni lo si ha normalmente, a regimi di giri prossimi ai valori di coppia massima.
Ben presto ci si accorgerà che non è necessario aprire di molto la farfalla (o la mandata degli iniettori) per raggiungere un’andatura brillante, basterà lasciare che il motore trovi il suo equilibrio.
2) Lo sfruttamento del cambio
Non tutti sanno che si può sfruttare meglio il cambio di velocità, in alcuni veicoli ad esempio, è possibile passare da marce inferiori a marce superiori saltando un rapporto.
Ad esempio: Prima, terza e quinta. Saltando la seconda e la quarta.
Infatti alla marcia superiore è possibile che il motore, anche se a basso numero di giri, regga comunque, sempre sfruttando la tecnica descritta nel punto precedente.
Per tanto strano che possa sembrare non è detto che sulla lunghezza si perda di prestazioni. Non vi è certezza, certo, ma vale fare un tentativo o due di prova.
Saltare una marcia tra i cambi evita i tempi morti a frizione premuta e dà più costanza ed omogeneità al movimento.
Sui veicoli pesanti, dove la differenza di peso tra il veicolo a vuoto e lo stesso a pieno carico è elevata (talvolta raddoppia), il salto delle merce è una prassi.
3) La scia
Eredi dell’effetto scia delle gare automobilistiche tutti ne conosciamo i vantaggi aerodinamici. I vortici creati dal veicolo che precede generano una zona di depressione che riduce la resistenza all’avanzamento del veicolo che segue.
Un autocarro procede in autostrada alla velocità di circa 90 Km/h e mettersi in scia ad una distanza di 5-7 metri riduce notevolmente la resistenza all’avanzamento del nostro veicolo e non crea grossi rischi nonostante la mancata osservazione della distanza di sicurezza.
Un autocarro, anche se vuoto, ha comunque una massa enorme rispetto ad una autovettura e anche se frenasse bruscamente la forza d’inerzia creata dalla consistente massa, tarderebbe a fermare la sua corsa. Mentre un’auto (e ancor più una moto) data la l’agilità rallenta molto più repentinamente (sempre se il conducente non è impegnato a messaggiare).
Una distanza inferiore ai 5 metri, rischia di elevare il consumo di carburante per effetto delle continue accelerazioni e decellerazioni dovute alla ristretta tolleranza d’azione, indispensabile per mantenere un buon standard di sicurezza di marcia.
Ma perché al seguito di un autocarro si e di un autobus (che per effetto della maggior velocità, il vantaggio sarebbe maggiore) no?
Eppure a pensarci il motivo è ovvio.
Gli autobus (esclusi gli urbani ma dei quali non si riesce proprio a sfruttare l’effetto scia) hanno lo scarico nella parte posteriore del mezzo e tutto il combusto è concentrato in coda al veicolo, entra nell’aspirazione e nell’abitacolo di chi segue a distanza ravvicinata. Per cui la parola d’ordine è: “evitare gli autobus”.
Gli autocarri hanno lo scarico sul lato sinistro del mezzo, in una posizione piuttoto avanzata (normalmente poco dietro la cabina) e tra lo scarico e il veicolo che segue c’è tutto il piano di carico e magari anche il rimorchio. Questo fa si che i fumi si disperdano nell’aria e giungano sul retro molto, molto rarefatti.
Per quanto riguarda la scia dietro un’altra auto preferirei lasicarla al solo tempo indispensabie per un sorpasso. Non sempre gli altri automobilisti comprendono cosa fa chi gli sta attorno e per natura si è molto diffidenti.
Oltretutto, non siamo su una pista in compagnia di piloti (magari esperti) le cui azioni sono prevedibili. La breve distanza che impone lo sfruttamento dell’effetto scia, dovuto anche alla scarsa sezione frontale, rischia di diventare un pericolo per la circolazione.
4) La traiettoria
Se è importante ridurre le brusche accelerate come i bruschi rallentamenti, diventa fondamentale saper percorrere le curve nella più alta velocità possibile (marcia più alta e giri motore più bassi) e comunque mantenere un alto livello di sicurezza.
Il tratto curvo di strada ha un raggio e il raggio ha un suo centro. Ma la curva che disegna la traiettoria di un veicolo ha un altro raggio, il più delle volte variabile, e un altro centro.
La migliore traiettoria, finalizzata al risparmio di carburante, è quella che ha il maggior raggio possibile, il che permette un minor intervento degli organi dello sterzo.
Più le ruote direttrici sono sterzate più i pneumatici generano resistenza all’avanzamento, per cui si imbocca la curva stando nella parte esterna e si procede, a mezzo di una traiettoria curvilinea, verso un punto interno della stessa, che si trova pressapoco a metà percorso. Dopodiché, ci si riporta verso l’esterno, sempre con traiettoria curvilinea, per riprendere il rettilineo successivo.
In questo modo, il centro di rotazione del raggio della curva arretra, ampliandone l’arco, il che ci permette di far opporre alle ruote sterzanti la minor resistenza possibile.
5) La discesa
Tutti i veicoli provvisti di un sistema di Cut-Off tagliano l’alimentazione quando il motore è sopra i 1000 giri e il pedale dell’acceleratore è in rilascio e questo permette, con qualsiasi marcia inserita, di sfruttare al massimo il freno motore a consumo “nullo”.
I veicoli non provvisti di un sistema di Cut-off invece, anche in rilascio hanno un consumo di carburante, che corrisponde, mediamente, al percorre un certo tratto di strada con l’acceleraore al minimo nella marcia inserita.
Per capirci: il veicolo non provvisto di dispositivo di Cut-Off percorre un tratto di 100 metri in discesa, con lacceleratore in rilascio e con la quarta marcia inserita consumando la stessa quantità di carburante che consumerebbe percorrendo 100 metri, in quarta al minimo su strada piana (non esattamente, in quanto su strada piana ci sono comunque delle resistenze che impediscono di reggere la quarta marcia al minimo, ma per rendere l’idea, come esempio, va bene).
In questo caso quindi, il freno motore ha un costo e una volta chiara l’immagine di questo funzionamento viene da sé intuire, che là dove le condizioni di traffico e di percorso lo permettono, disinnestare la frizione e lasciare scorrere il veicolo a 80, 100Km/h col motore al minimo, diventa un ulteriore modo di risparmiare sul carburante.
Si evince quindi, che la guida economica è un equilibrato mix tra i diversi punti, che vanno dal mezzo in ordine (innanzitutto), alla pianificazione del percorso, una guida attenta e qualche piccolo trucco da camionista della vecchia scuola.
Lo Zingaro