Cenni di aerodinamica

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Quante ali ha un aereo?

Bella domanda. Nella risposta però, si nasconde l’essenza dell’aerodinamica. In primis quella dell’aereo, che nell’aria ci vive, e per conseguenza anche dei veicoli stradali, che con l’aria ci convivono.

Il primo pensiero aerodinamico rivolto ai veicoli è stato rivolto alla penetrazione, ossia una forma capace di perforare la massa d’aria e ridurre la resistenza all’avanzamento.

Gli aerei sono passati dalle fusoliere in tubi esposti alle fusoliere in tessuto (trattato per essere impermeabile all’aria) e in seguito sviluppate in involucri metallici.

Capito che l’involucro riduceva le resistenze aerodinamiche, anche i mezzi terrestri si sono muniti di “involucri”. Ancora non era sentito il problema per i veicoli stradali, che escludendo qualche rara eccezione (ad esempio l’A.L.F.A. Ricotti del 1914) furono dei veri “muri” sino agli anni 30’, ma alle corse le cose andavano in modo diverso. La necessità di andare sempre più veloci portava i vari costruttori ad eliminare particolari superflui (come i parafanghi, i sedili larghi, le porte) per alleggerire il veicolo e rastremare la forma verso il disegno ideale per la penetrazione: la forma a goccia.

La goccia d’acqua, che per sua natura prende la forma migliore per l’ambiente in cui si trova, ha un corpo che rappresenta la massa e una coda che accompagna il fluire dell’aria.

I primi esperimenti per la produzione di serie di auto a forma aerodinamica iniziano verso la fine degli anni 30’, prima di questo periodo solo alcune auto sportiveggianti ad alto livello vantavano forme aerodinamiche, più per imitare gli aerei che in seguito ad un vero studio e la linea stessa degli aerei era più frutto di intuizione che di calcolo.

A parte la raffinatezza nel costruire “l’involucro” non ci furono particolari migliorie sino alla fine degli anni 50’, quando Cooper portò il motore delle F.1 dietro al pilota e permettendo la riduzione della sezione frontale del veicolo.

Cenni di fluidodinamica

Un corpo che si sposta nell’aria, la comprime aumentandone la densità e una maggiore densità significa una maggiore resistenza allo spostamento, ma siccome la densità aumenta solo di fronte al corpo, questa tende a bilanciare la pressione con il volume di aria circostante e andrà a compensare la depressione che si forma nella parte posteriore.

Il corpo si trova quindi una pressione che si contrappone al senso di moto e una depressione che frena il moto del corpo. Per rendere il corpo meno resistente all’avanzamento è quindi necessario dargli una forma che accompagni la massa d’aria spostata all’intorno, dove si andrà a comprimere, e la accompagni delicatamente a ristabilizzarsi in coda al corpo.

Il flusso d’aria che accarezza un corpo genera un flusso laminare che rimane aderente alla superficie se questa comprime o decomprime. Ovvero, quando non è parallelo al flusso stesso.

In caso avverso, come una troppo rapida variazione della linea o in presenza spigoli, il flusso si stacca e genera dei vortici che riducono l’efficienza. Per questo motivo si tende a ridurre gli spigoli e le brusche variazioni della linea.

Perché le ali

Alla fine degli anni 60’, i motori delle auto da competizione, producevano una potenza tale da renderne difficile lo sfruttamento.

Dopo aver pensato alla trazione integrale si iniziò ad utilizzare i profili alari per tenere il veicolo a contatto col suolo.

Da questo momento, l’aerodinamica non è più solo la minor resistenza all’avanzamento, ma diventa parte integrante dell’assetto. Se è vero che la presenza di un corpo al di fuori della sagoma del veicolo genera una resistenza all’avanzamento, è indubbio che sia compensata dai vantaggi che porta durante la percorrenza di una curva.

Com’è fatta un’ala

Sostanzialmente, il profilo alare è composto da un bordo d’attracco, che per le necessità subsoniche è arrotondato, un ventre e un dorso, e un bordo d’uscita.

La linea dell’ala è curva e il ventre è una superficie più corta del dorso. Quando l’ala è attraversata dal flusso d’aria, il ventre raccoglie una pressione poiché l’aria rallenta, ma soprattutto il dorso genera una depressione poiché l’aria che vi scorre aumenta di velocità.

Sugli aerei il ventre è la parte inferiore dell’ala e questo genera portanza, che è ciò che permette all’aereo di galleggiare nell’aria. I veicoli terrestri hanno invece la necessità di restare ancorati al suolo e far lavorare i pneumatici per contrastare le forze che si oppongono alla sterzata, per cui l’ala viene montata rovesciata e genera deportanza, ovvero, schiaccia verso il suolo caricando peso sulle gomme.

Evoluzione storica

Per i regolamenti sportivi le ali furono un vero problema. Tanto indispensabili da non poter essere eliminate, ma tanto pericolose da dover essere regolamentate.

Il dovere di un preparatore (e di un costruttore) è quello di camminare sul filo del rasoio del regolamento; quasi di là, ma ancora di qua. Quindi, nei limiti del regolamento sono state inventate soluzioni ed adottati espedienti per sfruttare quella che al tempo era una scienza del tutto nuova per il mondo automobilistico.

Le carrozzerie iniziarono ad avere meno spigoli in evidenza carenando le parti che creavano problemi al libero fluire dell’aria, come la carenatura del vano motore, delle fiancate e dell’abitacolo del pilota (oggi anche il casco del pilota è parte integrante dell’aerodinamica del veicolo).

Si inizia a comprendere che anche la carrozzeria può avere caratteristiche deportanti, gli si da una linea che prevede un lato inferiore dove l’aria scorra più velocemente in modo da creare depressione e schiacciare il veicolo al suolo. Su questo principio nascono le minigonne i fondi piatti e gli estrattori di coda.

Per la produzione di serie, l’aerodinamica ha subìto un grande slancio a causa della crisi del petrolio negli anni 70’. Prima relegata alle vetture più sportive, più veloci, più eleganti, da quel momento anche moto, autocarri, autobus e treni hanno beneficiato delle tecnologie aerodinamiche.

Accorgimenti aerodinamici

Dall’aeronautica derivano anche tutti quegli accorgimenti che favoriscono il convogliamento dell’aria nelle zone di interesse: snorkel per l’aspirazione, prese NACA per ventilare i freni o radiatori, deviatori di flusso per migliorare l’efficienza aerodinamica di altre appendici. Quest’ultimo accorgimento è necessario poiché una appendice aerodinamica disturba il flusso ad una posta nelle immediate vicinanze. Questo è il motivo della scarsa efficienza delle ali negli aeroplani multi ala (biplani e triplani) in cui il flusso della prima ala disturba il flusso della seconda ala ed è anche il motivo per cui, negli aeromobili, non si posiziona ala e stabilizzatore sullo stesso piano.

L’aletta

La sola ala presenta un inconveniente: al bordo si formano dei vortici che ne riducono l’efficienza. L’aria, compressa sul ventre (la parte sotto per gli aeromobili, la parte sopra per i veicoli terrestri), sfugge lateralmente verso una zona di depressione e la zona più prossima è la parte dorsale dell’ala.

La superficie dorsale non subisce più la depressione e viene meno la sua efficienza.

È come avere un’ala più piccola.

Per ovviare a questo inconveniente si usa un’aletta verticale che si sviluppa sul lato dorsale dell’ala. In questo modo il vortice rimane al di fuori del ventre che mantiene la sua efficienza.

Questo accorgimento ha permesso di progettare aerei con apertura alare inferiore (minor peso, minor sezione frontale, minori ingombri) e sfruttata nei veicoli per competizione restituisce maggior deportanza a parità di resistenza all’avanzamento (o minor resistenza a parità di deportanza).

Ah, dimenticavo….

Quante ali ha un aereo? (e una F.1?)

Lo Zingaro.

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